Saverio Boccardi

 

Saverio Boccardi, “Nobile ex Sanguine Patrizio Capuano” di 53 anni, che viveva con don Cesare, figlio di 13 anni, don Gabriele, figlio di 11 anni, donna Gioseppa, figlia di 10 anni e don Marc’Antonio, fratello di 55 anni. Don Saverio possedeva i seguenti beni a titolo di donazione fattagli dai fratelli don Marc’Antonio e dal canonico don Sebastiano: una casa dove abitava di più membri inferiori e superiori con giardino d’agrumi nel ristretto della parrocchia di S. Marcello Maggiore, confinante coi beni di don Domenico Parente e del magnifico Andrea Trepiccione; un’altra casa di più camere superiori ed inferiori con comodità nel medesimoristretto, confinante con i beni della Chiesa del Purgatorio; un altro comprensorio di case di 5 membri (3 superiori e 2 inferiori) affittato; un’altra casa di 4 membri (2 superiori e 2 inferiori) con comodità nel ristretto di S. Tomaso; un’altra casa di più camere inferiori e superiori nel medesimo ristretto.

 

Nel casale di San Prisco aveva i seguenti possedimenti: – al Trivice: una casa “palaziata” per uso di villeggiatura di più membri superiori ed inferiori con sue comodità, confinante coi beni del signor don Alessandro Marotta (due camere inferiori erano affittate); – allo Caucone [l’odierna via Cavacone]: un’altra casa di 2 membri inferiori e sue comodità con 3 moggia di terreno ad uso di orto murato, redditizio alla Cappellania curata della Chiesa di San Prisco; – allo Starzone, seu la Torre bianca alli Boccardi: una masseria di fabbrica di più membri superiori ed inferiori con giardinetto e 95 moggia circa di terreno aratorio, campestre e in piccola parte arbustato e olivato, confinante con la via pubblica e i beni del monastero di San Giovanni di Dame Monache di Capua; moggia 51/2 di oliveto confinanti coi beni di S. Giovanni di Donne Monache di Capua e la via pubblica; 5 passi di territorio “raro arbostato” confinanti coi beni di Nicola Castiello e la via pubblica; – alle Grottelle: 3 moggia di arbustato, confinanti coi beni di suor Agnese di Monaco e un altro moggio di arbustato; – a’ Cioccia: 2 moggia di aratorio ed arbustato; – alle Fosse: 15 moggia di montuoso ed olivato, confinanti coi beni dei signori Marotta e Salzano; – al Montano: 12 moggia di olivato, confinanti coi beni di S. Giovanni Gerosolomitano e quelli di don Marco d’Alois e altre 6 moggia di territorio “raro olivato”. Inoltre possedeva: 12 giumente, 3 “bovi aratori”, 1 “somarra con allievo”, un cavallo da traino e 2 cavalli da carrozza. Infine aveva in affitto i seguenti territori che regolarmente subaffittava: alle Grottelle: moggia 31/2 di terreno dal monastero di San Francesco di Paola; – allo Pastino: un piccolo territorio dal signor don Alessandro Marotta e una montagna in parte olivata e in parte “mirtata” dal monastero di S. Maria di Dame Monache di Capua.

La famiglia Boccardo (detta anche Boccardi) era di distinte ed antiche origini; un esponente della famiglia fondò il 6 ottobre del 1472, insieme al fratello Oliviero, il Beneficio patronato di casa Boccardo nel casale di Migliano di Lauro, in diocesi di Nola. Don Niccolò Boccardo di Capua ne entrò in possesso nel 3 novembre del 1675.

Nel 18 aprile del 1588 Mazzeo Boccardo si trasferì nel casale di San Prisco in seguito al matrimonio con Sabba de Monaco. Mazzeo Boccardo aveva eretto nella chiesa parrocchiale l’altare della SS.ma Annunciata.

Giovan Francesco Boccardo, nato nel 19 gennaio 1590, si sposò in San Prisco con Giovanna Mincione.

Nel maggio 1629 il rettore curato della chiesa parrocchiale di San Prisco era Cesare Boccardo, che affermò di abitare nelle case di suo padre. Il Boccardo aveva richiesto poco tempo prima l’autorizzazione per poter celebrare la messa tre volte alla settimana <<per comodo del popolo … che è numeroso, ci sono più di duemila anime>>.

Nel mese di ottobre del 1669 morì don Giovan Antonio Boccardo senza aver fatto testamento, lasciando la moglie Lucrezia Morcone e i figli: Carlo di 15 anni, Tomaso di 11 anni e altre 6 figlie femmine: Catarina, Teresa, Angela, Isabella, Elena e Marianna. La moglie fece istanza alla Gran Corte della Vicaria di Napoli per aver il decreto di preambolo per definire l’eredità e la tutela dei figli. Tale decreto fu emanato il 22 marzo del 1670 in Napoli con la dichiarazione quali eredi dei figli maschi Carlo e Tomaso sotto la tutela della madre Lucrezia Morcone.

Nell’ottobre 1750 visto lo scarso numero delle famiglie nobili ex genere e il bisogno della città di Capua di provvedere alla pubblica amministrazione, la Real Camera invitò a scegliere le migliori e le più distinte famiglie; ne furono scelte 14 e fra queste vi era la famiglia Boccardi. Ma il re stabilì che le aggregazioni per motivo di pubblico governo non potevano essere considerate attestazioni di nobiltà. Nel 1751 per decreto della Real Camera di S. Chiara le 14 famiglie Capuane furono surrogate in luogo di altrettante antiche famiglie nobili ex genere. Sempre nel 1751 la famiglia Boccardi e la famiglia Granata chiesero il real assenso alla Real Camera di S. Chiara per l’aggregazione alla nobiltà Capuana. La Real Camera rispose che essendo il sedile della nobiltà Capuana ancora aperto e concernente soltanto la distinzione fra il ceto dei nobili e quello degli altri ceti, per “l’amministrazione del Publico”, non era necessario il “reale assenzo”. Come ribadì successivamente nel dispaccio del 19 gennaio 1758 per gli aggregati di Taranto e il 27 ottobre 1798 nella Consulta e dispaccio per gli aggregati di Nola.

 

Marco Antonio Boccardi, figlio di Cesare, nel 1797 giaceva malato nella “casa palazziata” di Gregorio Palmiero nel casale di Santo Prisco, assistito dal “dottor Fisico” Stefano Ajossa, quando fece testamento con il notaio Nicola Maria di Monaco figlio di Francescantonio.

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