Cenni storici su San Prisco
La storia di San Prisco è difficile da ricostruire perché si confonde con quella dell’antica Capua, tenuta dagli antichi nella stessa considerazione delle massime città del mondo mediterraneo. Capua antica fu fondata dagli Osci, (antico popolo italico) fra il IX e VIII secolo a.C.. Tale ipotesi è confermata da consistenti ritrovamenti archeologici.
Il villaggio di San Prisco nei tempi precristiani fu il suburbio di Capua antica ed era situato non lontano dalla via Appia, la “Regina viarum”, intorno alla via “Acquaria”, chiamata in questo modo perché Augusto la fece costruire per far giungere a Capua l’acqua “Julia” che sorgeva ai piedi del Taburno, nei pressi di S. Agata dei Goti.
Nella località chiamata “Ponte di San Prisco”, vicino al limite della cinta muraria della Capua antica, furono ritrovati i resti di una necropoli del IV secolo a.C.. Molto più cospicui furono i ritrovamenti di reperti risalenti al periodo fra il VI e il V secolo a.C. (resti di capanne, frammenti di ceramica vari, mattoni crudi). Di notevole interesse è una fornace a pianta quadrangolare ritrovata in San Prisco risalente al suddetto periodo.
Sempre nel luogo chiamato “Ponte di San Prisco” negli anni ’70 del secolo XX furono ritrovate varie tombe sannitiche, alcune delle quali dipinte. In tale occasione vennero alla luce anche i resti di una necropoli risalente al IV –III secolo a.C.. Le tombe portarono erano ricche di vasellame, ornamenti personali, fra cui anche oro. Le pitture e il vasellame erano tipiche della tradizione ellenica.
In epoca romana la zona in cui si era estesa la necropoli sannitica continuò ad essere utilizzata per lo stesso scopo. Infatti lungo l’attuale viale Trieste furono ritrovati i resti di monumenti sepolcrali di età imperiale e alcune di età repubblicana.
L’espressione più monumentale è il mausoleo noto come Carceri Vecchie, che è situato presso l’antica Via Appia; la sua costruzione risale alla prima età imperiale nel I sec. d.C..
La cittadina di San Prisco è stata sempre collegata alla presenza del monte Tifata, che oltre a rappresentare una difesa naturale contro gli attacchi delle popolazioni interne della penisola italica, è stato un centro di grande religiosità sia pagana, per la presenza del Tempio di Diana e di quello di Giove, sia cristiana perché nelle sue vicinanze videro la luce l’antica basilica di S. Prisco e la Basilica Benedettina di S. Angelo in Formis, sorta proprio sul luogo del Tempio di Diana.
Di eccezionale importanza è stato il ritrovamento nel 1997 dell’impianto dell’antico tempio di Giove dell’antica Capua in San Prisco nella località “Costa delle Monache”, come sostenuto anche dal Beloch e da autori classici.
L’edificio è datato fra il III e il II secolo a.C..
Sul versante occidentale del Tifata sono ancora visibili resti di costruzioni romane di vario tipo: diversi monumenti funerari, ville agricole, cisterne, acquedotti; resti di murature di età tardo-repubblicana in opus reticolatum presso la ex “tenuta Schiavone”, dove è ancora visibile una tomba rupestre ad edicola. Inoltre in località “Bersaglio” vi sono resti di murature appartenenti a cisterne e ville di età romana imperiale.
Sulla cima del monte Tifata possiamo notare i resti dell’antica chiesa di San Nicola, costruita su una struttura antecedente, probabilmente una costruzione edificata a scopo difensivo perché collocata in una posizione strategica. Questa precedente costruzione può essere datata al II secolo a.C.. La chiesa è invece datata al XIII secolo. Essa potrebbe essere la Chiesa di S. Agata in S. Prisco citata nell’anno 1529 tra le chiese che pagarono la “decima” in un manoscritto attribuito allo storico locale Michele Monaco. Infatti secondo il Monaco il monte Tifata, appena dopo la diffusione del cristianesimo, fu dedicato prima a S. Agata, vergine, e poi a S. Nicola, che in modo particolare aveva combattuto il culto, le immagini e i templi dedicati alla dea Diana.
Nel corso del Settecento la Chiesa di San Nicola era ancora luogo di culto sia per gli abitanti di San Prisco, sia per quelli di Santa Maria Maggiore, dove veniva portata in processione la statua di San Nicola.
Di particolare importanza è la chiesa arcipretale di San Prisco, costruita sullo stesso luogo della primitiva chiesa paleocristiana, una delle più importanti dell’Arcidiocesi capuana, soprattutto per la presenza di importantissimi mosaici, andati purtroppo perduti, fortunatamente riportati dal Michele Monaco; descritti poi da Francesco Granata e riprodotti infine da Raffaele Garrucci.
La fondazione della chiesa arcipretale è stata oggetto di numerosi studi e di diverse interpretazioni. Secondo gli storici Michele Monaco e Francesco Granata, risalirebbe all’anno 506, come attesta anche un’iscrizione ritrovata nel luogo. Altre interpretazioni indicano il V secolo ad opera di differenti vescovi capuani.
Dell’antica basilica si sono salvati fortunatamente i mosaici della Cappella di S. Matrona (sacello funerario probabilmente appartenente alla primitiva basilica), datati dal V al VI secolo d.C..
La denominazione “Sancto Prisco” è stata da noi ritrovata per la prima volta in documento riguardante la concessione fatta nel 1066 da Riccardo, principe di Capua, al monastero di San Michele in Sant’Angelo in Formis. Tale concessione fu confermata dai successivi principi di Capua. A quel tempo esso doveva già essere una discreta “villa” della città di Capua.
In seguito San Prisco fu poi uno dei più importanti casali della città di Capua fino all’epoca moderna, subito dopo Santa Maria Maggiore (l’attuale S. Maria Capua Vetere) e Marcianise, sia per numero di abitanti, sia per la sua importanza storico- religiosa.
Nel 1523 contava 55 fuochi con 294 abitanti.
Nell’8 gennaio 1574 nacque in San Prisco Michele Monaco, importante storico della chiesa capuana, ritenuto il precursore della storiografia capuana ecclesiastica e civile, da una distinta famiglia locale. Dopo aver frequentato la scuola di grammatica nel vicino casale di S. Maria Maggiore, entrò nel Seminario di Capua. Nel 1592 fu inviato, a spese del cardinale Cesare Costa, a Roma per studiare presso il Collegio Romano, retto dai Gesuiti.
Il Monaco fu cappellano e predicatore del monastero di S. Giovanni delle Monache; esaminatore sinodale, canonico della cattedrale, rettore del Seminario, rettore del chiesa dei SS. Rufo e Carponio. Nel 1604 divenne confessore e direttore spirituale del suddetto monastero fino alla morte, avvenuta il 6 agosto 1644. Nel 1630 vide la luce il Sanctuarium Capuanum, l’opera maggiore del Monaco presso l’editore napoletano Ottavio Beltrano. Nel 1637 pubblicò la Recognitio Sanctuarii Capuani presso la tipografia di Roberto Mollo di Napoli.
Egli partecipò attivamente alla vita culturale che interessava la città di Capua e fu un membro dell’Accademia dei Rapiti, fondata dal suo amico Camillo Pellegrino senior. Inoltre per i suoi interessi eruditi fu in corrispondenza con gli storici di altre Chiese del Mezzogiorno, quali il Beatillo, il Caracciolo, il Chioccarelli, l’arcidiacono Vipera di Benevento, nonché con l’Ughelli.
Il territorio di San Prisco per la fertilità dei suoi terreni, per la sua importanza storica e per la salubrità del luogo fu ambita da importantissime famiglie del regno di Napoli, quali i del Balzo, i Sersale e i Paternò. I del Balzo possedevano una bella villa vicino alla chiesa di S. Maria di Loreto e notevoli appezzamenti di terreno. Un’altra importante famiglia furono i Boccardi di Capua (denominati anche Boccardo), presente sul territorio di San Prisco a partire dal XVI secolo, quando si imparentarono con la famiglia Monaco, senz’altro la maggiore presente in San Prisco.
Secondo lo storico Scipione Mazzellla, all’inizio del XVII secolo San Prisco, casale della città di Capua, era formato da 134 fuochi, con circa 800 abitanti.
Nel 1614 in San Prisco si costruiva la fabbrica del monastero di S. Maria di Loreto ad opera dei Gesuiti. Successivamente fu edificata una Cappella di S. Maria di Loreto. Tale Cappella fu soppressa nel 1655 con la soppressione del convento degli stessi frati e entrò a far parte dei beni della chiesa parrocchiale. In seguito con il dispaccio reale del 26 marzo del 1751 la cappella divenne “laicale”, retta e amministrata da economi laici.
Nella numerazione della città di Capua e dei suoi casali, realizzata nell’anno 1665, si riportava che il numero dei fuochi di S. Prisco era 293. Pertanto i fuochi erano più del doppio di quelli riportati all’inizio del secolo dal Mazzella. Possiamo ipotizzare che i suoi abitanti fossero circa 1758.
Nella prima metà del XVIII secolo fu certamente costruita la Cappella di S. Maria di Costantinopoli, altra importante chiesa di San Prisco che fu ampiamente ristrutturata verso la fine del Settecento ad opera di maestranze locali.
Nel 1714 il numero dei fuochi di San Prisco erano 294, rimanendo abbastanza stabili rispetto al dato registrato nel 1665; ma nel 1741 i fuochi diminuirono sensibilmente a 224.
Dal Catasto Onciario del 1754 sappiamo che gli abitanti dell’Università di Santo Prisco erano 1810; essi erano impegnati soprattutto in attività agricole e su attività correlate ad essa; tuttavia vi era diversi benestanti che avevano diversi capitali investiti nel commercio di vari generi alimentari (grano, granoturco, lino, canapa, ecc.) o in altre attività, come quello del prestito di capitali ad interesse.
Negli Stati delle anime del 1788 San Prisco contava 2261 abitanti. Qualche anno più tardi la sua popolazione diminuì nuovamente a 2229 abitanti.
Nel 1796 il numero dei suoi abitanti era 2386. Qualche anno dopo la sua popolazione ascendeva a 2394 abitanti.
All’inizio dell’Ottocento, secondo Lorenzo Giustiniani, il casale di S. Prisco era abitato da circa 2400 individui.
Nel 1806 l’Università di San Prisco con la legge dell’8 agosto, emanata da Giuseppe Napoleone, divenne un Comune autonomo con un sindaco e un Decurionato (una sorta di giunta comunale).
Con il decreto arcivescovile del 1835 la Chiesa di S. Maria di Loreto e quella di S. Maria di Costantinopoli divennero parrocchie, insieme alla chiesa arcipretale di Santa Croce (detta anche di San Prisco e Santa Matrona).
Nel 1928 il Comune di San Prisco fu aggregato alla città di Santa Maria Capua Vetere, fino al 1946, quando riacquistò nuovamente la sua autonomia amministrativa.