“Lettera all’Intendente di Terra di Lavoro sulla cappella di San Ciro” – a cura di Gaetano Visconte

Sign.r Intend.te
Ella col di lei off.o: dè 8 8bre ogg.to affari interni n°: 16385 mi incaricò di verificare la domanda di Sig.r Pellegrino et altri cittadini di S. Prisco per riguardo alla campana acquistata con questua per la Cappella di S. Ciro, ed eccone il risultato. Fran.co Pellegrino fece un voto di arredare dè sacri arredi, e di una campana una cappella di S. Ciro sita fuori l’abitato di S. Prisco, e nell’eseguire la questua fu aiutato da Franc.co Foniciello dello stesso Comune. Il Sind.co credè che questa divozione meglio sarebbe stata impetrata nell’abitato, che nella campagna, et anche altre persone cordate dal paese convenivano su ciò. La cappella è sita nel casino degli eredi de D. Gius.pe Di Gennaro, i quali sono molti, e divenuti, da una cospicua ricchezza, in una squallidissima miseria, che dopo aver venduto tutto è restato questo una volta bellissimo casino, e perché era indivisibile, ed invendibile per far denaro ne hanno venduto dè pezzi d’opera, delle travi, e dè tetti. Ognuno che ha un buon senso vede quanto queste spese sono mal sicure impiegandosi in una proprietà di si miserabili padroni, potrebbero appropriarsene e vendere anche questi come quelli che la dotavano prima; oltre dicché, anche che costoro volessero rispettare questa seconda dotazione dopo aver dissipate la prima; stanno sicuri questi arredi in una campagna nelle vicinanze di S. Prisco? Onde mi proposero l’espediente di trasferire questa divozione in una chiesa dell’abitato, e mi indicarono la chiesa novellamente riparata di S. Maria di Loreto dove potrebbe dedicarsi qualche altare al Santo tanto più che è in progetto di farne la statua. Io mi ho chiamato il Pellegrino ed il Foniciello per interrogarli al proposito il primo, mio dipendente, et uomo di una bontà eminente si persuase a queste ragioni, ma non si credeva dispensato dal voto, io lo mandai a consultare il suo confessore, il quale gli consigliò di rimettersi a quanto da lei fosse ordinato, il secondo è più bigotto, che buono con una franchezza mi rispose che il Santo avrebbe fatto rispettare gli arredi fatti per suo uso, e l’avrebbe garantiti con la sua possanza. Per mio credo che starebbero meglio nell’abitato perché conosco l’indole di quella popolazione che quelli stessi che hanno fatto l’elemosina ne saccheggerebbero la cappella.
P. Ciccarelli [Lettera all’Intendente di Terra di Lavoro sugli arredi della Cappella di S. Ciro – S. Prisco lì 14 Xbre 1830]”

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